Protesi mammarie

Le protesi mammarie sono utilizzate in chirurgia estetica per conferire volume al seno (mastoplastica additiva) e ridefinirne la forma – non prescindendo mai dalle caratteristiche fisiche e dalle condizioni mediche del paziente.

Requisiti necessari delle protesi sono:

  1. la compatibilità con il tessuto;
  2. la durata nel tempo;
  3. la solidità;
  4. la capacità di conferire al seno un aspetto naturale (sia nella forma che al tatto), non interferendo con la funzione primaria della mammella: l’allattamento.

I primi interventi di mastoplastica additiva risalgono agli anni ’60, quando vennero sviluppate le prime protesi in silicone. Nel corso degli anni, l’esperienza maturata dai produttori e il progresso tecnologico hanno determinato un’evoluzione delle protesi mammarie, raggiungendo standard molto alti. Oggi la mastoplastica additiva è l’intervento di chirurgia estetica maggiorante richiesto, garantendo risultati ottimali e sicuri.

Ma come mai ancora oggi si sente parlare di inconvenienti legati all’intervento di mastoplastica additiva? La motivazione è da ricercare – oltre che nelle infinite variabili del corpo umano – nel tipo di protesi utilizzata; ancora oggi, infatti, alcuni chirurghi utilizzano protesi di vecchia generazione che causano problemi e risultati poco naturali.

 

Ma andiamo nello specifico. Le protesi si differenziano in base a:

  1. la forma (rotonda o anatomica);
  2. le dimensioni;
  3. il materiale di cui sono riempite (silicone, acqua e sale);
  4. la superficie dell’involucro (di silicone o di poliuretano, ruvida – microtesturizzata – o liscia).

Le caratteristiche fondamentali per una buona riuscita dell’intervento sono il contenuto della protesi e il rivestimento. Negli anni si è determinato che il silicone sia il miglior materiale da utilizzare all’interno delle protesi mentre, per quanto riguarda il rivestimento, una superficie microtesturizzata in poliuretano  assicura risultati naturali e sicuri; è necessario, infatti, che le protesi siano quanto più possibile simili al tessuto della mammella.

Il nostro organismo in presenza di un corpo estraneo tende ad isolarlo producendo tessuto cicatriziale; questo processo – assolutamente naturale – se eccessivo può causare deformità e dolore della parte interessata. Quanto detto è valido anche nel caso della mastoplastica additiva: le protesi, infatti, causano una reazione del corpo che produrrà una “sacca” cicatriziale atta ad isolare “il corpo estraneo” dal resto dell’organismo. Come detto, questo procedimento è del tutto naturale e, anzi, funzionale alla buona riuscita dell’operazione: il tessuto cicatriziale che si creerà intorno alle protesi, infatti darà stabilità e naturalezza alla mammella; ma se durante l’operazione le protesi utilizzate non saranno idonee la produzione di tessuto cicatriziale potrebbe essere eccessiva, compromettendo la forma del seno e generando fastidi e dolori.

Per chiarire le differenze tra i diversi tipi di protesi utilizzeremo delle foto e le denomineremo:

PROTESI A

PROTESI B

PROTESI C

LE PROTESI DI TIPO “A”

Le protesi di tipo “A” sono protesi di vecchia generazione; precedentemente ritirate dal mercato, oggi sono nuovamente in commercio, nonostante le perplessità di molti medici.

PROTESI DI TIPO ALe caratteristiche delle protesi di tipo “A” sono ben evidenti: presentano una superficie liscia e trasparente e contengono silicone (come ogni altra protesi); la forma è tonda e al tatto sono molli e leggermente unte.

I problemi relativi all’utilizzo delle protesi di tipo “A” sono molteplici e dipendono dal materiale dell’involucro e dalla forma.

 

Il primo problema è la permeabilità: il materiale che costituisce l’involucro della protesi di tipo “A” , infatti, non isola totalmente il contenuto e ne causa una leggera fuoriuscita; ciò produce una maggiore formazione di tessuto cicatriziale, con conseguente dolore e indurimento della parte interessata.

 

Altro fattore che determina la formazione di tessuto reattivo è, poi, la superficie: liscia e sottile, si presenta con caratteristiche molto lontane dal tessuto naturale della mammella e ciò aumenta la probabilità che l’organismo reagisca al corpo estraneo; la superficie liscia, inoltre, conferisce innaturalezza anche a livello tattile.

Infine, la forma: le protesi di ultima generazione  hanno una conformazione molto naturale, che riproduce la mammella fedelmente; le protesi di tipo “A”, invece, sono tonde e, una volta impiantate, conferiscono al seno un aspetto insolito ed evidentemente artefatto.

LE PROTESI DI TIPO “B” E “C”

PROTESI DI TIPO B-01PROTESI DI TIPO C-04

 

 

 

 

 

Le protesi di tipo “B” e quelle di tipo “C” sono entrambe di ultima generazione; presentano caratteristiche simili e per la forma e per la superficie: entrambe anatomiche ed entrambe con superficie testurizzata, garantiscono risultati naturali e rischi minimi.

Differentemente dalle protesi di tipo “A”, le protesi di ultima generazione non sono permeabili e, grazie al progresso tecnologico, possono essere di molteplici tipi in base alle esigenze del paziente.

Da quanto detto è evidente che le protesi di tipo “B” e quelle di tipo “C” sono state studiate per ridurre – o eliminare – i rischi a cui le protesi di tipo “A” sottopongono e quanto detto è sottolineato dalla volontà di numerare le protesi: per un rapporto medico/paziente limpido e a testimonianza della sicurezza in termini di risultato che le protesi di ultima generazione assicurano, oggi ogni protesi presenta un codice nella parte posteriore; prima di ogni intervento di mastoplastica additiva, il chirurgo è tenuto a informare il paziente su ogni dettaglio dell’operazione e a metter per iscritto tali informazioni, compreso il numero identificativo della protesi.

 

Ma in cosa si differenziano le protesi di tipo “B” da quelle di tipo “C”?

La risposta risiede nel tipo di materiale utilizzato e nella struttura dell’involucro; le protesi di tipo “C” – come testimonia la foto – presentano una superficie altamente testurizzata, che, riproducendo al meglio le caratteristiche della mammella, conferisce al seno un aspetto molto naturale e riduce ulteriormente la possibilità di un’eccessiva produzione di tessuto cicatriziale.

Ovviamente, tra le protesi di tipo “A”, “B” e “C” le differenze non sono solo strutturali, ma anche economiche: una protesi di tipo “A” ha dei costi minimi, ma a discapito della salute del paziente e della buona riuscita dell’intervento.

Se sei interessato all’argomento “mastoplastica additiva”, leggi l’articolo relativo.

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